Ho presentato un’interrogazione a risposta scritta ai ministri della Salute, dell’Economia e delle finanze, della Pubblica amministrazione e del Lavoro e delle politiche sociali per sapere se siano a conoscenza della situazione precaria delle ASP abruzzesi e quali iniziative intendano promuovere, per quanto di competenza, anche in relazione agli effetti del piano di rientro, non solo per superare le criticità attualmente presenti, ma anche per assicurare ai cittadini abruzzesi adeguate garanzie in ordine al rispetto dei livelli essenziali di assistenza.

Accade infatti che da oltre 150 anni nella provincia di Chieti opera una struttura di circa 8mila metri quadrati, nata con regio decreto come Ricovero Mendicità, trasformata poi in IPAB come Istituti Riuniti San Giovanni Battista e inclusa nell’Azienda pubblica di servizi alla persona Chieti 1 (ASP1 Chieti) a seguito della riforma del 2011. Si tratta di un’istituzione secolare di assistenza sanitaria accreditata dal SSN, che continua ad accogliere le persone fragili del territorio, presentando una capienza massima che è passata da 198 posti letto (poi ridotti a 138) fino ai 114 attuali, a causa di necessari lavori di adeguamento strutturale.
Diverse partite debitorie accumulate negli anni (circa 7 milioni) e l’incerto riconoscimento giuridico hanno portato alcuni creditori a effettuare un pignoramento, che ha di fatto bloccato le esigue risorse utili al fabbisogno funzionale dell’ente, con tutte le ovvie conseguenze negative sia per le 100 persone che a vario titolo lavorano nella struttura – e che già dal mese di dicembre 2023 non ricevono lo stipendio – sia per gli ospiti, ai quali non si riesce a dare una adeguata e dignitosa assistenza.

Purtroppo il caso di Chieti, con 7 milioni di debito accertato, non rappresenta l’eccezione ma la regola. La legge regionale n. 17 del 2011 ha previsto e disciplinato in Abruzzo una azienda alla persona per ciascuna provincia, oltre quelle di Atri e Sulmona e, di queste, solo quella di L’Aquila presenta un bilancio in pareggio perché tutte le altre, al contrario, soffrono di una situazione debitoria a dir poco inquietante: la Asp di Teramo ha 11 milioni di debiti (quella di Atri 2 milioni), quella di Pescara è oltre il milione di debiti e quella peligna ha un passivo di circa 3 milioni.

E’ di tutta evidenza l’importanza della funzione svolta da queste aziende, che operano senza scopo di lucro per il perseguimento di finalità di solidarietà sociale e per soddisfare esigenze di interesse generale, quali sono quelle assistenziali e sanitarie esercitate nell’ambito territoriale di riferimento. Appare pertanto incomprensibile che la Regione Abruzzo, da cui esse dipendono, non si adoperi nel più breve tempo possibile a rintracciare ogni soluzione percorribile per il superamento della loro situazione debitoria e a reperire adeguati fondi per continuare la loro opera di assistenza.

Per quanto tempo la dimensione della fiducia coincidente con la serietà del personale impiegato può supplire alla mancanza dei pagamenti?
Anche in questa fase, alla sofferenza dei documenti contabili si sta provvedendo in termini di soluzioni emergenziali con la credibilità professionale e l’affidabilità individuale degli operatori incaricati delle attività amministrative e contrattuali della fondamentale realtà comunitaria ex Ipab. L’uscita dal commissariamento del nostro ordinamento sanitario permette di mettere in chiaro le sofferenze sopravvenute e trovarvi la più coerente soluzione contabile, finanziaria, economica e riorganizzativa.

Perché la Regione non realizza una operazione-verità sui conti degli ex Ipab e destina il 50% della tradizionale pioggia di paghette elettorali per risanare i documenti contabili di questi fondamentali enti comunitari? Serve solo un cambio di mappe cognitive, poiché in libera uscita i fiumi di soldi regionali ci sono e sono sotto gli occhi di tutti.

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