Il Centro

“La volontà popolare deve essere rispettata” è il mantra in forza del quale alcuni pretendono di essere al di sopra della legge. Ovviamente non è così: il voto degli elettori non mette al riparo dalle previsioni normative. Se ne accorgerà anche il medico di medicina generale Mario Quaglieri che, ostentando il titolo di recordman delle ultime consultazioni regionali, pensa di essere intoccabile. Purtroppo per lui, e fortunatamente per tutta la collettività, non è così.

Il medico di medicina generale Mario Quaglieri – che ha svolto e svolge attività professionale per alcune cliniche private sovvenzionate dalla Regione – poteva ricoprire il ruolo di assessore regionale al bilancio (lo è stato per 15 mesi) e di consigliere regionale (cinque anni in carica)? Considerata la giurisprudenza di settore, sembra proprio di no.


Agli effetti della legge civile, il medico di medicina generale è un libero professionista incaricato di un pubblico servizio in base ad un accordo collettivo nazionale (ACN 23 marzo 2005) con la pubblica amministrazione, stipulato ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 502/92, modificato dai D.Lgs n.517\93 e n.229/99, ed integrato poi da differenti accordi collettivi regionali e aziendali ai sensi della legge 18 ottobre 2001 n. 3. L’ACN 23 marzo 2005 precisa all’art. 12 il ruolo del medico convenzionato col SSN e agli artt. 47-57 elenca i compiti contrattualmente dovuti dal medico nel servizio pubblico, i quali, tra le parti, hanno forza di legge (art. 1372 CC). Il rapporto di lavoro tra medico convenzionato e SSN si inquadra come lavoro para-subordinato (art. 409 CPC), giuridicamente caratterizzato da una collaborazione coordinata e continuativa, regolata dal diritto privato, per cui eventuali controversie sono di competenza del giudice ordinario, secondo la decisione n. 5176/2004 della Quarta sezione del Consiglio di Stato e la sentenza n. 16219/2001 della Cassazione a Sezioni Unite.


Agli effetti della legge penale, il medico di medicina generale convenzionato col Sistema Sanitario Nazionale (SSN), svolgendo un’attività disciplinata da norme di diritto pubblico ed esercitando peculiari poteri pubblicistici di certificazione, va ritenuto pubblico ufficiale (art. 357 CP), secondo la sentenza n. 35836 del 22.02.2007 Ud (dep. 01.10.2007) della Cassazione Sezione Penale 6°. Per costante giurisprudenza il medico di medicina generale, nello svolgimento delle funzioni pubbliche a lui attribuite dalla convenzione col SSN e negli atti incidenti direttamente o indirettamente sulla spesa pubblica, viene considerato pubblico ufficiale. Lo ribadiscono le sentenze n. 5 del 27.03.1992 (Delogu) e n. 2 del 16.04.1988 (Giordano) della Cassazione Penale a Sezioni Unite; le sentenze n.7234 del 06.06.1991 Ud. (dep. 05.07.1991) e n. 2258 del 15.12.2006 Ud. (dep. 29.01.2007) della Cassazione Penale sezione 5°, la sentenza n. 4072 del 09.02.1994 Ud. (dep. 07.04.1994) della Cassazione Penale sezione 6° e la sentenza n. 2207 del 18.01.1995 Ud. (dep. 03.03.1995) della Cassazione Penale sezione 1°.

Inoltre, la Cassazione sezione Penale 5° con la sentenza n. 12827 del 09.03.2005 Ud (dep. 05.04.2005) ha affermato che costituisce falso ideologico in atto pubblico (art. 479 CP) la falsa attestazione del medico convenzionato, riconosciuto come pubblico ufficiale, destinata a costituire titolo in forza del quale sorge a favore del titolare della convenzione il diritto al pagamento di prestazioni da parte dell’ente pubblico.
Pertanto i medici convenzionati che certifichino ad un ente pubblico falsamente propri requisiti o assenza di incompatibilità necessarie per ottenere benefici economici pubblici da cui altrimenti sarebbero esclusi (ad esempio: indennità per medicina di gruppo, indennità per collaboratori di studio “a tempo pieno” riservata ai soli titolari di medicina di gruppo da accordi aziendali), commettono un falso in atto pubblico che può essere inoltre integrato dal reato di truffa (art. 640 c.p.) o peculato (art. 316 c.p.).
Dunque, bene ha fatto il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci a segnalare la circostanza con un esposto all’Anac per verificare la sussistenza di eventuali incompatibilità tra l’attività professionale di Quaglieri e il suo ruolo di assessore e consigliere regionale.

A questo punto sorgono tre domande:

1) conviene a Quaglieri rovinare la sua credibilità procedendo in spregio a una legge chiarissima che precisa e prescrive la non coincidenza tra i due ruoli? Egli può risolvere il problema alla radice rimuovendo la causa dell’incompatibilità, che nel suo caso appare grave poiché è durata cinque anni.

2) come ha fatto Quaglieri a silenziare gli uffici competenti della Regione preposti a rilevare la sua incompatibilità? Può accadere che un medico possa non saperlo, ma è singolare che un medico idoneamente accompagnato dai doverosi pareri degli uffici regionali possa continuare a non sapere.

3) come hanno fatto gli uffici regionali preposti, solitamente competenti, a non notare questa gigantesca antigiuridicità?

La reazione dell’interessato è stata finora abbastanza scomposta: un comunicato inviato di primo mattino nel giorno di Pasquetta per rivendicare il rispetto della volontà popolare contro quelli che lui definisce “giochi di palazzo”. Adesso vedremo cosa ne pensa l’Autorità nazionale anticorruzione.

La Repubblica

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