“Aree di risulta: Perché si mette la maschera ad un papocchio?”
Mettiamo a nudo tutto quello che sta accadendo, per aiutare la Città e il Sindaco che vuole bene a Pescara.
Punto numero uno: intervengo in ragione dei finanziamenti pari a 16 milioni di euro che ho portato da Presidente della Giunta Regionale d’Abruzzo, che sono gli unici grazie ai quali si stanno facendo deliberazioni, allocazioni e investimenti sulle aree di risulta, di cui appresso meglio racconterò.
Punto numero due: non intervengo in qualità di Parlamentare della Repubblica Italiana, poiché voglio distanziarmi dalla tradizione dei Parlamentari che in passato hanno solo denunciato alla Magistratura sulle aree di risulta; in particolare, ricordo l’operazione a più mani per bloccare l’unico progetto, a costo zero, concepito con estrema coerenza per le aree di risulta del 2007.
Punto numero tre: le risorse si stanno frantumando in inutili cantieri che sembrano più ricondurre alla mano di Trisi, che alla mano del firmatario Giuliano Rossi. Non vorrei che si stesse operando per mano di un introvabile Giuliano Trisi, super mescolato.
Spezzettare non è governare! Spezzettare può essere utile per asfaltare, ma non per fare l’intervento più importante della Città di Pescara, attuale e futura.
Punto numero quattro: il Palazzo della Regione Abruzzo, calandolo all’interno degli atti deliberativi del Comune di Pescara, serve solo a giustificare il niente che si è combinato in questi lunghissimi mesi a far data dal giugno 2019.
Attenzione a non “Marconizzare” anche le aree di risulta!
Do un consiglio a Carlo Masci, poiché mi risulta il bene che vuole alla Città. Se vuole raccontare qualcosa in questa consiliatura per le aree di risulta, rottami la delibera di G.C. n. 787 del 20 settembre 2022.
È meglio che si concentri:
a) a concepire un progetto unitario e contemporaneo di qualità;
b) a non appaltare a nessuno le procedure di modernizzazione della Città di Pescara, soprattutto per il valore delle aree irripetibili, quali sono quelle di cui stiamo trattando.
C’è bisogno di unitarietà e univocità per garantire la gestione convergente, contemporanea, dei singoli interventi ed evitare che per dieci anni le aree di risulta restino o un cantiere da zona industriale di Via Raiale o, addirittura, un cantiere da contenzioso succulento di mille interessi confliggenti: di chi ha potuto solo cominciare e non ha finito e di chi vuole cominciare e non può.
Uno dei valori di indirizzo doveva e, soprattutto, deve essere l’unitarietà degli interventi, e non solo la componibilità tipografica, modello intuizioni del pacchetto Fradeani.
Tutta la filosofia dal 2001 al 2022 avrebbe dovuto seguire questo criterio: l’univocità degli interventi e non la loro indeterminata lontananza temporale.
Il Comune di Pescara nei suoi spazi irripetibili non può delegare a nessuno la gestione produttiva dei cantieri, la necessaria ricucitura degli stessi, proprio per garantire l’allineamento funzionale degli interventi, poiché quando si mettono a terra progetti della consistenza di cui stiamo scrivendo, non si ha a che fare con un quadro di realtà privo di sorprese e imprevisti.
Se per caso i cantieri delineati nelle diverse procedure non potessero trovare sito idoneo, come purtroppo artificialmente si è scritto negli atti comunali e, ciononostante dovessero partire, e di seguito incagliarsi, noi rischiamo davvero di perderci l’agibilità e la funzionalità di una porzione di Città che da sempre fa da traino. Questo accade quando più soggetti sono di pari grado nel gestire il destino di un investimento complesso, frazionato e divaricato per tre, senza avere pensato adeguatamente, per esempio, ai dieci anni che solitamente sono richiesti per un Palazzo della Regione, da quando si concepisce, a quando si mette in esercizio.
In nessun modo si può far passare la rinuncia alla figura realizzativa unitaria del Comune di Pescara, perché deve avere il volante dell’insieme, per garantire l’assenza di sorprese rovinose!
Punto numero cinque: 20.000 mq di ufficio con la loro vita intermittente, che cos’è che donano alla Città, non essendo questa una città di montagna che deve scommettere soltanto sugli uffici pubblici? Il Palazzo della Regione Abruzzo va collocato in una zona periferica della città, connessa funzionalmente alla grande viabilità, strumentalizzando la capacità che solitamente porta con sé di ulteriore rigenerazione del contesto, per esempio attivando interventi di trasformazione urbana circostante. L’ombelico del centro urbano ha bisogno di aumentare il numero degli incontri dei progetti di vita e non il numero delle macchine! Nel centro che fa da traino per la Città, servono funzioni rese possibili da strutture capaci di generare relazioni, prossimità, incontri.
Al contrario, un ufficio pubblico che funziona per due terzi della settimana – senza contare i progetti innovativi di smart working – e, soprattutto, per alcune ore del giorno, rischia di portare con sé il contrario della Città.
Punto numero sei: per la cifra occorrente a realizzare il Palazzo della Regione Abruzzo, dove si trova scritta la copertura finanziaria? Si dice che ci sono due milioni di euro l’anno da riconvertire, da debito annuale di fitto passivo scritto e pagato nei documenti contabili a cespite finanziante e, poi, cosa si intende quando si afferma alla lettera e) del Protocollo d’intesa che “il Comune si impegna al tempestivo avvio delle procedure amministrative che saranno richieste dalla Regione per la valorizzazione dei cespiti immobiliari che saranno da questa dismessi definitivamente”? (?!)
20 mila metri quadrati di costruito nuovo per uffici della Regione come fanno a costare 40 milioni soltanto, cioè 2000 euro a metro quadrato? Un progetto di finanza che sviluppi la cifra occorrente che non sarà inferiore a 100 milioni di euro chi lo sta curando, rendendo certa la sua messa a terra in quanto tempo? Il Comune di Pescara non può ritagliarsi il ruolo di Cameriere perché se poi tutto finisce a disordine, le aree di risulta si “Marconizzano”, cioè diventiamo un’arteria del Comune di Africo: tutte transenne e delusioni di cemento a metà.