Coniugare verità e giustizia è da sempre lo scopo di quanti hanno a cuore che il bene della comunità non sia mai disgiunto da quello del suo singolo membro, e che la libertà del cittadino e le garanzie che la tutelano siano il fondamento del tessuto civile.

Per conseguire questo scopo, le norme che regolano l’azione nel campo penale, sin dai suoi primordi nella delicata fase delle indagini volte ad ricostruire i fatti che sostanziano le ipotesi di reato, sono particolarmente rilevanti e incidenti.

Da un lato devono favorire l’azione della polizia giudiziaria volta ad accertare i fatti su mandato del pubblico ministero, dall’altro devono garantire i diritti dei tanti cittadini coinvolgibili nei diversi profili che potrebbero riguardarli (indagati, persone coinvolgibili nelle ipotesi di reato attraverso dichiarazioni indizianti, persone informate sui fatti).

Io credo che sia arrivato il momento di rendere più certe e sicure le garanzie di tutti in questa fase, ricorrendo a uno strumento efficace e imparziale che la tecnologia ci mette oggi a disposizione a un costo sostenibile: la videoregistrazione integrale delle testimonianze rese alla polizia giudiziaria nella fase delle indagini.

Si tratta di uno strumento di garanzia che l’allora senatore Obama propose e riuscì a inserire nell’ordinamento dello stato dell’Illinois, colmando attraverso la neutralità efficace della norma gli abissi di diffidenza che si erano frapposti tra la comunità nera e la polizia locale.

Si potrebbero citare molti episodi, troppe vicende, eccessivi abusi avvenuti anche in Italia nel momento delicato in cui un cittadino si trova nella fragile condizione di dover rispondere a un inquirente, dotato in quel momento di una forza incomparabilmente superiore a quella di chi sta interrogando, su circostanze di cui avere contezza potrebbe costituire ammissione di colpa.

Non è accaduto di rado che, in un simile clima di tensione, sia balenata in molti modi (gesti, espressioni del volto, lusinghe insidiose addirittura) la circostanza che avallare l’ipotesi accusatoria formulata dagli inquirenti a carico di terzi, fosse la strada migliore per uscire illesi da una situazione rischiosa e imprevedibile.

Quanto può inquinare l’accertamento della verità una condizione di questo genere? Noi vogliamo immaginare residuale la sua frequenza, ma lo facciamo soprattutto per il rispetto che dobbiamo alle istituzioni che presidiano lo svolgimento regolare di queste attività.

Credo, tuttavia, che proprio qui sia il punto: è più rispettoso di quelle istituzioni e dell’intero ordinamento tutelare la loro azione con la nostra ossequiosa convinzione che tutto stia andando nel più corretto dei modi e che l’integrità professionale e morale del singolo inquirente sia al di sopra di ogni sospetto, o farlo prevedendo l’utilizzo di una tecnologia già a disposizione che possa permettere a chiunque di verificare che ogni attività sia stata condotta nel rispetto di leggi e diritti?

Inserire questa norma nell’ordinamento non avvantaggerebbe, infatti, solo una parte, ma tutte quelle in gioco nel procedimento penale, favorendo al contempo, attraverso una maggiore serenità dei dichiaranti, un maggiore avvicinamento della verità processuale alla verità sin dalla fase delle indagini, evitando confessioni e ammissioni ottenute con l’aggiramento delle garanzie.

A chi contesta che questa norma avrebbe costi inaccettabili, oppongo una stima attendibile che prevede un investimento complessivo di 115 milioni di euro per la sua piena operatività nazionale. Un importo del tutto sostenibile, soprattutto se teniamo conto della rilevanza delle finalità costituzionali che questo investimento assicurerebbe.

Insieme a diversi senatori abbiamo elaborato un disegno di legge che, attraverso l’efficace modifica degli articoli 134, 139 e 141 bis del codice di procedura penale, permetterebbe di rafforzare le garanzie di tutti e di consolidare la nostra fiducia nei confronti di quei servitori dello stato che svolgono la delicatissima funzione di usarne la forza per tutelare la libertà, i beni e la sicurezza di tutti i cittadini.

Siamo convinti, anzi, che proprio i moltissimi inquirenti onesti e scrupolosi che svolgono il loro dovere sarebbero i primi beneficiari della riforma, che impedirebbe solo l’operato colpevole di coloro che teorizzano che il dolore, che nelle fasi delle indagini preliminari colpisce i cittadini scrutinati e le loro famiglie, sia la sola sanzione educativa possibile, visto che non sempre le sentenze poi arrivano al bersaglio che loro vorrebbero.

La nostra proposta porrebbe fine a simili aberrazioni, tutelando i diritti di tutti e consolidando ulteriormente la fiducia di ognuno nelle istituzioni repubblicane.

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