La sentenza di assoluzione di Ermanio Cetrullo perché il fatto non sussiste, emessa a giugno dalla Corte d’Appello dell’Aquila, rappresenta una vera e propria demolizione del castello accusatorio formulato dalla polizia giudiziaria e da quanti all’epoca volevano tenere banco nell’Ufficio della Procura di Pescara. Una vicenda giudiziaria conclusa con doppia assoluzione, in primo grado “perché il fatto non costituisce reato” e in Appello “perché il fatto non sussiste.
Direi che siamo di fronte a qualcosa che è di più di un’assoluzione con formula piena, parlerei di un pieno riconoscimento della nullità di un’accusa che non avrebbe mai dovuto neppure essere formulata da parte di quanti hanno a cuore la giustizia. L’insussistenza assoluta delle ipotesi di reato era tale che in passato avevo detto che sarebbe bastato un convegno per chiarire questa evidenza. Oggi aggiungo che oltre a un convegno per spiegare la materia giuridica, ci sarebbe bisogno di uno studioso dell’animo e del comportamento umano per spiegare come una cosa del genere sia potuta accadere e impegnare per un periodo così lungo risorse umane, strumentali e finanziarie della Repubblica e le vite delle persone coinvolte. Alla ricerca dell’oggettività si è preferita la ricerca stupefacente di una scommessa sulla verosimiglianza fattuale. Un caso emblematico di certa sabbiosità giudiziaria praticata senza sosta negli ultimi venti anni a Pescara. Sono state analizzate tutte le cause di questo fenomeno che ha condizionato la vita economica, politica e sociale della città: servono soluzioni che il legislatore nazionale deve consegnare velocemente agli operatori di giustizia. La polizia giudiziaria va formata continuamente e poi valutata oggettivamente: gli encomi vanno conferiti solo e soltanto davanti ai risultati resistenti. La polizia giudiziaria va assegnata a tempo, per evitare che i decenni di applicazione possano circondare l’autonomia di lavoro dei pubblici ministeri. I consulenti “dall’errore ripetuto” utilizzati “ripetutamente” meritano una lunga sequenza di biasimi. L’ art 358 del codice di procedura penale va completato con una sanzione proporzionata, in caso di voluta inosservanza. Tornando al caso da cui siamo partiti, se fossimo in un qualsiasi contesto di lavoro pubblico o privato valutabile, ci sarebbe una azione di responsabilità. Personalmente valuterò se ci sono spazi per promuovere richieste di risarcimento danni, nonostante il sottile nascondimento delle ragioni scatenanti di questa pagina scriteriata nella storia dell’azione penale a Pescara. A volte penso che non basti lo studio del diritto per comprendere certe dinamiche. Forse occorrerebbe l’intervento risanante di figure professionali in grado di vedere chiaro nel lato oscuro di tante vicende umane.

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