No, non è stato «Il messaggio dell’Imperatore», come avrebbe detto Kafka, al pari di quel messaggio che arriva non sa da chi e da dove, anche se la voce di Jacques Attali, uno degli economisti “bipartisan” tra i più apprezzati in Europa, è arrivata attraverso un video, in occasione del convegno intitolato “Cittadinanza europea, diritti fondamentali e pareggio di bilancio”, che si è svolto venerdì scorso, nella sala del consiglio comunale di Pescara, con la presenza di circa 400 persone.

Un incontro, organizzato dal Senato della Repubblica, e, tra gli altri, dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome nonché ideato e realizzato dalla volontà del senatore Luciano D’Alfonso, presente in aula – con l’ex rettore dell’università degli Studi di Teramo, Luciano D’Amico, il prorettore dell’università Chieti-Pescara, Augusta Consorti, oltre a magistrati ed esperti del settore, e al capogruppo Pd in Senato, Andrea Marcucci.

Un inno all’antipopulismo, quello di Attali, non incline alle tendenze radicali delle élites progressiste mondializzate, proprio nel non annichilire il principio di Stato-Nazione, che, per lo studioso francese, per anni al lavoro sia con Mitterand, sia con Sarkozy, è un’idea-forza da cui ripartire.

Proprio per non lasciare spazio, o per contenere, l’avanzata di un sovranismo al quale la globalizzazione culturale senza radici ha lasciato ogni titolarità sulla questione identitaria. Insomma, l’Europa sia un continente Stato-Nazione, attraverso riforme concrete, secondo Attali. «Sarebbe necessario», ha rimarcato Attali, «che i cittadini avessero non soltanto passaporti internazionali, ma passaporti europei che completassero i passaporti internazionali; bisognerebbe avere elezioni in cui votare per il Parlamento europeo non più nazione per nazione, ma – è un sogno difficile da realizzarsi – attraverso liste multi-nazionali davvero europee, trasferendo a livello nazionale ciò che abbiamo fatto e che dobbiamo continuare a fare, come dicevo prima, a livello europeo», ha osservato. Due punti cardine, secondo Attali, che si vanno ad innestare non sulla dissoluzione degli Stati-Nazione già esistenti, ma che, al contrario, e contestualmente, superino i confini statuali, in ottica in cui si svuoti ogni rivendicazione nazional-populista.
E come? Anche attraverso una nuova considerazione del ruolo delle città, altro punto chiave del pensiero di Attali, che sembra fare le viste ad un altro grande pensatore, come Benjamin Barber.
Come non cogliere quell’agognata rivendicazione del ruolo dei sindaci, da parte del pensatore francese in sintonia col compianto politologo americano, secondo il quale le autonomie locali dovrebbero trovare un rilancio attraverso la figura dei sindaci, proprio perché la dimensione delle aree metropolitane sia quella più adatta per ritrovare il senso della rappresentanza e affrontare i gravi problemi del mondo contemporaneo, a partire dai cambiamenti climatici?

È questa la lezione che ha lasciata Attali, più vicina che mai, anche se arrivata a distanza, proprio per fondere il sentimento di un giusto e sano nazionalismo identitario, con quello di un cosmopolitismo che lo tuteli.

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