La Casa circondariale di Pescara “San Donato” presenta oggi tre gravi problemi sostanziali: la carenza di personale, con 58 unità in meno e un direttore in prestito; il sovraffollamento di detenuti con un’eccedenza di 100 unità; le carenze infrastrutturali a partire da una recinzione che ha una consistenza di altezza inadeguata agli standard di sicurezza. È giunto dunque il momento di fermare l’onda degli interventi-toppa e piuttosto raccogliere la sfida della Nuova Pescara aprendo un dossier, coinvolgendo i territori della parte piana della nostra provincia, non necessariamente Spoltore o Montesilvano, e lavorare sulla delocalizzazione del nostro carcere, del quale non dobbiamo parlare solo sull’onda dell’emotività in coincidenza di suicidi o disordini.
Ritengo che le problematiche che vive il Carcere di Pescara meritino un’operazione verità:
- il 26 febbraio scorso ho presentato un’interrogazione a risposta scritta al Ministro Nordio sulla situazione della struttura, ricevendo una risposta puntuale e che affronta vari nodi facendo riferimento al decreto ‘Carcere sicuro’ n.92 del 2024. A determinare l’interrogazione era stato il suicidio, l’ultimo solo in ordine temporale, di un detenuto di 24 anni di nazionalità egiziana, quindi la rivolta di altri detenuti che stavano con lui per manifestare solidarietà, con un incendio e il danneggiamento di vetri blindati, creando un grave problema di sicurezza per il personale. Quell’episodio ha permesso di far emergere, anche per il Ministro Nordio, che effettivamente ci sono problemi oggettivi, reali per la struttura di detenzione.
- Il primo fra tutti è il sovraffollamento dei detenuti: oggi abbiamo un’eccedenza di 100 unità con 378 detenuti a fronte di una capienza massima regolamentare di 276 posti, con una percentuale di affollamento del 155,56 per cento, questo significa che ogni detenuto ha 3metri quadrati di spazio disponibili.
- Sappiamo che sono in corso micro-interventi di manutenzione, e siamo in attesa di una perizia di 194mila euro per la ristrutturazione del piano terra del Reparto penale e di 1 milione 80mila euro per l’intervento di ‘adeguamento edile e funzionale del muro di cinta’ al fine di risolvere il problema della recinzione che ha una consistenza di altezza non adeguata.
- Nel mentre si affrontano tali interventi io pongo la questione: sapendo che sta per arrivare l’autonomia come Provveditorato per le esigenze gestionali della casa circondariale abruzzese con l’istituzione di un 13° Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria per l’Abruzzo e il Molise con sede a Pescara, e sapendo dunque che ci siamo sganciati dall’Umbria, perché non cogliere tale circostanza e l’occasione offerta dal cammino verso la nuova Pescara, perchè non raccogliamo la sfida della delocalizzazione? Non possiamo aspettare ogni 18 mesi una rivolta, che rappresenta un problema di vera rottura di civiltà, perché la detenzione in una casa circondariale deve servire per rieducare, chi va dentro non deve perdere la vita, il suicidio è un marcatore tumorale di ciò che non funziona. E anche la buona notizia dell’autonomia del Provveditorato perde di senso se poi deve assorbire e correre dietro alle emergenze ordinarie, sapendo che il sovraffollamento è il problema reale come rilevato dai sindacati, dai familiari dei detenuti. Mi chiedo perchè non cogliere la grande abbondanza delle risorse finanziarie messe in campo dal Ministero della Giustizia?
- Propongo che Pescara apra un dossier con i Comuni della parte piana della provincia che hanno capienza di suolo e territorio per un patto collaborativo. Pescara, che non dispone di porzioni libere di superficie deve trovare una convergenza collaborativa con i Comuni della provincia, lo facemmo per l’Interporto di Manoppello, lo facemmo anche per l’Agroalimentare di Cepagattti, lo abbiamo fatto per l’aeroporto, ogni volta Pescara quando ha pensato a infrastrutture di valore ha dovuto ragionare con territori fuori dai suoi confini. Questo non vuol dire Spoltore o Montesilvano, ma vuol dire la provincia di Pescara tutta intera, ragioniamo per uno scambio di convenienze, opportunità, per il territorio che ospita e per il territorio che lascia.
- Ora facciamolo per la casa di detenzione a servizio di Pescara e ragioniamo anche sul fatto che tra Pescara e Chieti, abbiamo due case di detenzione segnate da invalidità di sicurezza, di qualità e quantità di progetti di recupero sociale. Va fatto un lavoro di riorganizzazione sapendo che Pescara e Chieti saranno il fulcro.
- La risposta del Ministro pone spazio per aprire un dossier e trovare una misura d’intervento che sia all’altezza, per evitare che rifacciamo gli emotivi al prossimo incidente, soprattutto in un momento in cui abbiamo avuto anche l’apertura di un dossier giuslavoristico sul direttore, visto che a oggi la Casa circondariale di Pescara è priva finanche di una figura di vertice, e abbiamo un prestito direttoriale da altre strutture.
Lo facemmo anche per l’agroalimentare di Cepagatti, lo abbiamo fatto per l’aeroporto, ogni volta Pescara quando ha pensato a infrastrutture di valore ha dovuto ragionare con territori fuori dai suoi confini. Questo non vuol dire Spoltore o Montesilvano, ma vuol dire la provincia di Pescara tutta intera, ragioniamo per uno scambio di convenienze, opportunità, per il territorio che ospita e per il territorio che lascia.